Si è sentito ormai così tanto parlare di questo Expò Milano 2015 che abbiamo perso di vista il vero significato e l’essenza primaria della manifestazione.
Sicuramente le critiche riguardo i ritardi, i costi esorbitanti e le incognite sul dopo, nonché le molte circostanze oscure di corruzione, hanno minacciato a dovere la motivazione principale che spinge il mondo intero a investire così tanto in un evento di portata universale.
Le esposizioni universali nascono dalla esplicita volontà di esaltare il progresso tecnologico e culturale della società, mettendo in evidenza i ruoli guida che i diversi paesi hanno nei confronti dell’economia mondiale. La loro caratteristica fondamentale è da sempre la fiducia nell’innovazione scientifica, come risorsa per l’umanità, e nella convivenza pacifica. Va da sé che durante le due guerre si è interrotto questo processo e le nuove manifestazioni, con gli anni, non hanno più posto al centro della loro attenzione cultura, tradizione e tecnologia.
Bagua ha voluto toccare con mano la realtà di questa complicata e controversa manifestazione mondiale, ricercando al di là di ogni opinione comune, le motivazioni valide per cui vale la pena fare un salto nel complesso di Milano Rho Fiera. Ecco dunque gli
8 BAGUA MOTIVI PER VISITARE L’EXPO MILANO 2015
#1. ARCHITETTURA: il “genio” delle (poche) grandi Archistar accanto al brillante ingegno di professionisti meno noti
Sul Decumano (viale principale che si sviluppa per circa un chilometro e mezzo attraversando il sito espositivo) si affacciano le architetture affascinanti e sostenibili dei diversi Paesi partecipanti. Fatta eccezione per alcuni Padiglioni che portano la firma delle Archistar del momento, Milano – e con essa tutta l’Italia – ha tirato fuori il meglio delle proprie capacità, rappresentando le eccellenze. Così potremo lasciarci stupire da realizzazioni esemplari come il Padiglione degli Emirati Arabi Uniti, con la sua struttura a dune, progettata dall’inglese Norman Foster, o lo spettacolare Padiglione dell’impresa cinese Vanke, opera dell’americano Daniel Libeskind, con le sue piastrelle in porcellana e titanio (per l’assorbimento della CO2) che lo fanno sembrare un enorme rettile che si erge sull’asfalto; o ancora il Padiglione del Kwait con le sue vele, realizzato dall’architetto Italo Rota, o le tre cascine in legno del Biodiversity Park, che si sviluppano proprio alla fine del Decumano, pensate, nell’ottica della semplicità e della leggerezza dallo studio di Herzog & De Meuron.
Ma come già anticipato l’Expo non è il laboratorio delle grandi firme. Ecco così che saremo spettatori di altrettante opere degne di nota sia da un punto di vista progettuale che realizzativo. Fra queste non possono non essere visitati: il Padiglione del Giappone realizzato (ma non progettato) dall’architetto romano Andrea Stipa, il Padiglione dell’Azerbaijan, la cui realizzazione è stata invece affidata a J&A e Arassociati, il Padiglione della Corea che è stato progettato dall’architetto Maurizio Carones, in collaborazione con l’ingegner Luigi Paolino; ancora il Padiglione della Gran Bretagna disegnato da Wolfgang Buttress, che ha realizzato una struttura ispirata agli alveari, per sottolinearne l’importanza all’interno del nostro ecosistema, il Padiglione della Russia, su progetto dello studio Speech, che ripropone le forme e il design dei padiglioni russi delle precedenti edizioni universali, il Padiglione della Cina, che per la prima volta partecipa ad un’Expo e riassume nella sua struttura in legno lamellare curvilinea la filosofia per cui l’uomo è parte integrante della natura. Il Padiglione del Principato di Monaco, progettata dall’architetto italiano Enrico Pollini, composta da container merci come riutilizzo creativo, il Padiglione dell’Italia, progettato da Nemesi&Partners e realizzato da Progers, che invece ripropone una struttura sperimentale, contraddistinta dall’attenzione all’ innovazione tecnologica e approccio sostenibile.
#2 SOSTENIBILITA’: il criterio del riuso e della creatività che convivono in edifici temporanei
Tutti i Padiglioni sono stati progettati seguendo specifiche linee guida dettate dall’Expo Milano 2015 e ne regolano non solo la progettazione e la realizzazione, ma anche la dismissione e il riutilizzo dei manufatti temporanei e l’adozione di criteri di green procurement. Ogni costruzione diventa così esaltazione di forme autoportanti, eco-sostenibili e smontabili, che utilizzano materiali biocompatibili e pensati per il riuso. Ecco che al termine dell’evento la maggior parte delle strutture (ad eccezione del Padiglione dell’Italia e della Cascina Triulza) verranno smontate e la maggior parte di esse avranno una seconda vita.
Alcuni esempi: il Padiglione del Principato di Monaco verrà utilizzato in Burkinafaso per un progetto della Croce Rossa, il Padiglione dedicato alla CocaCola diventerà un campo da basket, il Padiglione Vanke, non potendo essere smontato verrà fatto rivivere attraverso le sue 4.000 piastrelle, che la Vanke riporterà in Cina e le distribuirà nelle sue varie sedi per donarle come omaggio ai suoi clienti; le torri del Padiglione Svizzera verranno impiegate come serre urbane, il Padiglione degli Emirati Arabi, che è stato progettato per adattarsi alle situazioni climatiche sia dell’Italia che degli Emirati Arabi, sarà smontato alla fine della manifestazione per poi essere trasportato e ricostruito a Masdar, una delle “smart city” più avveniristiche del mondo, mentre il Padiglione del Bahrain tornerà in patria e diventerà un orto botanico.
#3 UNIVERSALITA’: un milione di metri quadri per fare un giro intorno al mondo
L’area della manifestazione universale occupa circa un milione di m2 all’interno della quale riescono a convivere in forma armonica e pacifica non solo strutture architettoniche affascinanti, ma anche culture e etnie profondamente diverse fra loro. In uno spazio per così dire “ridimensionato” possiamo assaporare infatti tradizioni di paesi che forse mai saremmo andati a visitare, avendo anche la possibilità di assaggiare cibi originari del luogo, a prezzi neppure troppo esorbitanti, a discapito di quello che si dice!
E’ sicuramente molto difficile riuscire a fare il tour di tutti i padiglioni in un solo giorno, ma la cosa interessante è che sono state messe a disposizione delle navette gratuite che si fermano in diversi punti dell’Expo, così da facilitarci nel nostro “giro del mondo in 24 ore”.
#4 ESPERIENZE SENSORIALI: il visitatore protagonista dell’innovazione
Alcuni padiglioni offrono ai visitatori la possibilità di poter interagire con la struttura e lo spazio che occupano, rendendolo partecipe del processo innovativo legato ai diversi modi di interpretare il tema stesso dell’Expo. E’ il caso ad esempio del Padiglione dell’Austria (Breath Austria) che diventa una fitta foresta naturale, dove il respiro è concepito come esperienza sensoriale e modo per rendere l’aria mezzo di sostentamento primario come qualcosa di realmente percepibile. All’interno non c’è climatizzazione e questo è dovuto al naturale effetto rinfrescante delle piante, che producono ossigeno teoricamente sufficiente a 1800 persone. Come ha spiegato il Commissario Generale dell’Austria: «Diversamente dagli altri Paesi partecipanti, la presenza di tecnologia multimediale destinata alla divulgazione scientifica e informativa, nel Padiglione austriaco è stata consapevolmente ridotta al minimo. Alla base di questa scelta è il fatto che si desidera che il visitatore si senta coinvolto nell’ambiente e possa vivere un’esperienza sensoriale su tutti i livelli».
#5 MAGIA DELLA NOTTE: emozioni di musica, luci e colori
Effettivamente la suggestione legata ad una visita serale dell’Expo 2015 è molto forte e in alcuni casi esalta ancora di più il fascino di certe strutture. Un esempio può essere quello dell’albero della vita, struttura che è simbolo della manifestazione, ma che in sè non può essere minimamente paragonato alla torre Eiffel (emblema dell’Esposizione Universale di Parigi lasciato montato e diventato ormai simbolo della città!). Di sera questa struttura in legno prende vita e con un gioco di acqua, luci e colori , al ritmo di una musica estremamente emozionante, ricrea un’atmosfera fuori dal tempo che attrae a se tutti i visitatori e li fa rimanere letteralmente a bocca aperta, come una sorta di magia!
Passeggiando attraverso il Decumano anche alcuni padiglioni, come il Kwait per esempio con le sue vele che cambiano colore, o quello della Gran Bretagna con le sue luci che si accendono grazie alle vibrazioni delle api, creano uno spettacolo straordinario.
#6 BIODIVERSITA’: Slow Food come movimento internazionale per la biodiversità
La presenza delle tre cascine in legno di Slow Food è stata una decisione molto ponderata, che ha visto prevalere l’esigenza di dare un’alternativa concreta e raccontare una visione diversa del futuro della nutrizione, partendo dalla domanda fondamentale: “Com’è possibile nutrire il pianeta garantendo a tutti un cibo buono, pulito e giusto?”. Ecco che la biodiversità si può difendere a partire dal quotidiano, nella scelta di prodotti locali, dove il processo di produzione è garantito e genuino. A valorizzare il tutto un’area di circa 250 m2 adibita a orto, dove il protagonista principale è il territorio locale, ossia quello lombardo. Questo può essere uno scrigno prezioso, ricco di consigli e buone pratiche anche per contadini in erba!
#7 CURIOSITA’: tante stranezze da mangiare
Personalmente sono una persona a cui piace curiosare nei sapori e nelle usanze gastronomiche diverse dalle mie. Ecco perché, tra le numerose stranezze alimentari proposte dai diversi paesi, mi sono avvicinata a un frutto particolarissimo dell’America Latina: la Granadilla. Simile alla maracuja, il sapore ricorda un po’ quello del frutto della passione, ma – ahimè – la consistenza non è altrettanto piacevole! Te lo servono tagliandone la parte sopra e lo puoi mangiare con un cucchiaino. L’interno è piuttosto viscido con dei semini croccanti che spezzano la percezione di gelatina. Direi tutto sommato che sono esperienze da provare perché alla fine….chissà quando mai mi ricapiterà di gustare qualcosa di così fresco e salutare!!!
#8 FUTURO: come e cosa mangeremo
Ma non ho ancora parlato delle aree tematiche. L’Expo ha dedicato 9 cluster a Aree tematiche diverse, fra cui il Riso, le Spezie e il Cacao. Forse però quella più curiosa è il Future Food District, un padiglione realizzato da Coop, dedicato alla futura filiera di produzione degli alimenti e al loro consumo. Punto focale del padiglione è il Supermarket del futuro, dove il visitatore potrà avere la possibilità di toccare con mano il nuovo modo di acquistare i prodotti. Attraverso le corsie di questo supermarket vengono mostrate le varie fasi di lavorazioni fino ad arrivare al prodotto finito, mentre i prodotti sono disposti direttamente su grandi tavoli anziché negli scaffali e basterà sfiorarli per leggere sugli schermi la loro storia e le informazioni relative all’etichetta. L’area Cucina è invece dedicata alle innovazioni tecnologiche in campo culinario che vengono mostrate da chef professionisti.
Ovviamente l’esperienza dell’Expo è unica nel suo genere e molto soggettiva. Credo però che una cosa al di là di tutto, prima di essere criticata deve essere vissuta. Solo così possiamo fare critiche costruttive e reali, che potranno essere seriamente utili in un momento storico così complesso e determinante:
“NUTRIAMO IL PIANETA, PRODUCIAMO ENERGIA PER LA VITA”
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