“E’ una fresca mattina di settembre. Il sole fa capolino timido tra i rami ancora bagnati dalla rugiada mattutina. Gli alberi creano suggestivi giochi di luci e ombre e si congiungono da una parte all’altra del sentiero come navate imponenti di una cattedrale gotica. L’aria del bosco mi pizzica il naso. Respiro l’odore acre della terra. Sono ancora un po’ assonnata e sto camminando da più di un quarto d’ora tra una sfilata di altezzose sequoie. Comincio ad aver caldo, ma tutto è estremamente gradevole ai sensi e nulla a confronto dello spettacolo a cui gli occhi assisteranno a breve.” (…)
Sembra l’incipit di un romanzo bucolico e per certi versi potrebbe esserlo ma è semplicemente l’inizio del mio percorso fisico ed emotivo verso la scoperta di un tesoro architettonico che oserei definire invisibile: il castello di Sammezzano, a due passi da Firenze. Tanti articoli sono stati scritti su Sammezzano, corredati da book fotografici degni del prestigioso premio Pulitzer e non starò qui a tediarvi ulteriormente con le sue vicende storiche, che nelle ultime settimane sono balzate ai clamori della stampa per la notizia della vendita all’asta del complesso, prevista per il prossimo 20 ottobre. Piuttosto, oggi voglio presentarvi il “racconto dei racconti” di Sammezzano, ovvero un viaggio reale (perché da me vissuto) attraverso forme e colori, allusioni esoteriche, suggestioni orientali e deliri di onnipotenza.
Perché per capire il valore di Sammezzano non bastano gli occhi… ma come ha detto qualcuno ci vogliono orecchie, cuore e cervello.
“E all’improvviso tra i rami secolari si intravede una sagoma: eccolo li dietro l’ultima curva in tutto il suo splendore, il Castello. Dello stesso colore della sabbia del deserto, sfila da vip su un morbido tappeto verde di erba fresca sul quale vorrei rotolarmi . Risalgo la collinetta e mi avvicino alla facciata…ora che il sole è scomparso, dietro il torrione centrale con l’orologio, posso ammirarlo meglio. Mi sento piccola di fronte a tanta imponenza e muoio dalla curiosità di vedere dentro com’è, ma appena varcata la soglia l’atmosfera non è particolarmente allettante. Un ampio corridoio buio e polveroso mi accoglie e collane di ragnatele decorano i soffitti. Dov’è la bellezza tanto decantata? Vedo solo degrado e tristezza. Salgo le scale impaziente e speranzosa. Al piano superiore la luce del giorno filtra dalle finestre fatiscenti e inonda di luce cangiante le stanze. Sono nella Sala d’ingresso. La ricchezza delle decorazioni ,la cura dei dettagli e i colori accesi mi fanno girare la testa. NON PLUS ULTRA campeggia in alto sulle porte e risuona dentro in una concorde riconoscenza di merito. In una sorta di scatola cinese ,le stanze si susseguono una dietro l’altra tra candore e colore e come un Pollicino che semina sassolini, segnano il cammino verso uno stupore che si fa via via più crescente. Ecco la Sala Bianca minuziosamente “ricamata” e poi la suggestiva Sala degli specchi e la coloratissima Sala dei Pavoni, , la Sala dei Gigli o quella delle Stelle, la Galleria delle Stalattiti ,l’ottagono del Fumoir…un delirio di forme e colori incastrate in una perfezione quasi matematica. Capitelli, nicchie, volte iridescenti, filigrane di gesso candido e policrome, cupole arabescate, labirinti…qui si sono consumati amori e intrighi, balli e complotti, serate di gala e tristi convivi solitari, maledizioni e morti, strategie e sogni. Ogni stanza è disseminata di messaggi, rebus e profezie, a testimonianza del carattere schivo e visionario del suo ideatore. Lo sforzo di meravigliare e affascinare è studiato ma semplice al contempo, a tratti forse anche scontato.Rimango un po’ indietro rispetto alla folla per respirare in solitario quella bellezza e immortalare con l’obiettivo qualche scorcio suggestivo…non c’è nessuno arredo nel castello, a parte un lampadario originale in una stanza. I ladri hanno fatto festa qui dentro. Nel frastuono dei colori e dei dettagli avverto improvvisamente un senso di vuoto e sdegno…un uccello svolazza allegramente nelle stanze, fili della corrente e ragnatele penzolano dal soffitto, una polvere indecorosa ricopre i pavimenti offuscandone la loro bellezza. Non si respira vita, al contrario di quanto gli occhi vogliano farci credere. Sammezzano non vive. Sopravvive. Lotta contro l’oblio ed è figlio dell’abbandono e del degrado. Perché? Non è giusto! Mi martella la testa questo pensiero. Mi richiamano all’ordine: “Signorina non può sostare… abbiamo altri gruppi che aspettano”. Mi affretto a raggiungere gli altri. Dobbiamo uscire. Ammirevoli volontari ci fanno strada con delle torce lungo i corridoi bui e giù per le scale. E’ il colmo della tristezza…e la degna chiusura di questa visita. Esco fuori sul prato inondato ormai di luce. Il sole è alto nel cielo e riscalda. Qualche foto ricordo per immortalare il momento e condividere i commenti entusiasti e al contempo demoralizzati sullo stato del castello. Un ultimo sguardo intorno a catturare anche con la mente quella vista…ma cosa c’è tra i rami laggiù? Mi addentro curioso nel bosco attraverso una scalinata al lato del castello. Tra gli alberi a due passi dal castello svetta un’altra costruzione: un vero e proprio ”mostro” di cemento, uno scheletro di pilastri e solai abbandonato e che il bosco sta progressivamente inghiottendo. E’ li da 30 anni da quando furono abbandonati i lavori per costruire un albergo adiacente al castello. Mai finito, mai rimosso. E’ veramente troppo…”Ce ne possiamo andare” ho pensato a denti stretti, con un acuto senso di offesa e tristezza.”
A differenza di quanto succede nelle favole, la maschera del fantastico e dello stupore per “il racconto dei racconti” di Sammezzano, cade ben presto di fronte all’urgenza di una realtà pesante e ingombrante e la verità del reale è senza filtri.Visitare il castello di Sammezzano e’ stato per me un privilegio e mi auguro sinceramente che al più presto diventi patrimonio pubblico, che ne venga riconosciuto il valore e ne vengano esaltate le potenzialità…
Il cunto dei cunti termina così…con amarezza e speranza.
Al momento, nessuno scenario da “vissero felici e contenti” per Sammezzano.
TO BE CONTINUED…